Come scegliere la scarpa da running?
Questa è la domanda che si sono posti tutti iniziando a correre. Anch’io. Ci si trova di fronte ad un’ampia scelta che ci offre il mercato ed orientarsi è molto complesso. La scelgo in base al mio peso corporeo? In base al mio livello di allenamento? In base ai chilometri che percorro settimanalmente? Oppure in base alla distanza che voglio correre in gara? In base all’appoggio del mio piede? La scelgo ammortizzata così non mi faccio male?

Comunemente si hanno a riguardo false credenze che nascono spesso dal marketing delle grandi aziende produttrici che ci portano a delle scelte sbagliate. Siamo abituati a credere che per ridurre le forza d’impatto con il suolo e quindi il rischio d’infortuni, sia necessario proteggere il piede con scarpe ammortizzate e che magari mi sostengono il piede correggendo un eventuale pronazione, garantendomi un appoggio perfetto.

Questa è una convinzione errata. Per capirlo analizziamo la corsa a piedi nudi. Chiunque provi a correre a piedi nudi, anche un runner amatoriale alle prime armi, tenderà automaticamente ad avere un contatto con il suolo tramite la parte anteriore del piede. Questo perché è una maniera naturale di ammortizzare le forze d’impatto con il terreno. Infatti, ogni volta che noi appoggiamo un piede a terra, il terreno ci restituisce una forza verticale dal basso verso l’alto che, se non dissipata, può aumentare il rischio d’infortunio. In questo modo, il complesso muscolo-tendineo di piede e polpaccio riesce a lavorare come una molla, che immagazzina l’energia sviluppata durante l’impatto, per restituirla in fase di spinta, rendendola ancora più efficiente. Oltre all’appoggio di avampiede, la corsa a piedi nudi è caratterizzata da un’elevata frequenza del passo fra i 170 e i 190 battiti al minuto, che ci permette di diminuire la lunghezza del passo e quindi a far cadere il piede vicino al baricentro del nostro corpo con una leggera flessione del ginocchio intorno ai 20°. Logicamente questo modo di correre necessità di una grande capacità di carico da parte dei tessuti del piede (muscoli del piede e fascia plantare) e della gamba (tricipite della sura e tendine d’Achille, in particolar modo) che devono essere quindi allenati. Utilizzare una scarpa minimalista, ci permette di non alterare il meccanismo di corsa naturale che avviene a piedi nudi, ed è lo stesso modo di correre che possiamo trovare se osserviamo gli atleti élite in azione.



Utilizzare invece una scarpa moderna, che promette di proteggere il piede grazie ad una grande ammortizzazione garantita da una suola alta e pronunciata, determina uno stravolgimento della corsa naturale. Automaticamente il piede entra in contatto con il suolo tramite il tallone, eliminando ogni propria capacità ammortizzatrice e determinando un picco delle forze d’impatto verticali. Aumenta la lunghezza del passo, il piede appoggia lontano dal baricentro del corpo attraverso una maggior estensione del ginocchio che trasmette così le forze d’impatto ad anca e colonna vertebrale. Diminuisce anche la frequenza, intorno ai 155-165 battiti al minuto, con il risultato di produrre una corsa pesante. Il nostro corpo è strutturato in maniera tale da poterci permettere naturalmente di attenuare le forze d’impatto grazie al complesso muscolo tendineo di gamba e piede, e l’uso di scarpe massimaliste, oltre a stravolgere la biomeccanica di corsa, indeboliscono la capacità di carico e l’efficienza dei nostri tessuti. Le scarpe sono necessarie per proteggere il piede da eventuali lacerazioni della pelle o infezioni, ma non devono influenzare la sua funzionalità.

Confronto fra il grafico delle forze d’impatto verticali in un appoggio di retropiede, in alto, e un appoggio di avampiede, in basso. Nel primo grafico si nota il picco generato durante il contatto del tallone con il suolo, che scompare nel secondo grafico per azione ammortizzatrice di gamba e piede.
Cosa significa scarpa massimalista o minimalista?
Siamo abituati a differenziare le scarpe da running secondo la classificazione:
- A0 – Minimaliste: peso fra i 200g-350g, tendenzialmente prive di ogni struttura stabilizzatrice e con una suola bassa che garantisce un buon contatto con il suolo
- A1 – Superleggere: peso inferiore ai 250g, spesso consigliate per ripetute veloci e per runner evoluto di peso inferiore ai 70kg
- A2 – Intermedie: peso non supera i 300g, più ammortizzate delle A1 e con possibili elementi di stabilizzazione
- A3 – Neutre: peso superiore ai 300g, molto ammortizzate e spesso consigliate a neofiti, persone con peso superiore ai 70kg o a chi predilige una corsa lenta
- A4 – Stabili: stesso peso delle A3 e con supporti che impediscono l’iper-pronazione
- A5 – Trail Running: scarpe adatte alla corsa su terreno sconnesso o sentiero, con maggiori protezioni sulla tomaia e suola tacchettata
- A6 – Jogging: senza caratteristiche particolari, ammortizzate e adatte a camminate, meno alla corsa
- A7 – Chiodate: peso inferiore ai 200g, senza ammortizzazione, suola rigida e chiodata per garantire un migliore grip. Utilizzo su pista
Questa classificazione non ci dà informazioni dettagliate sulle caratteristiche intrinseche della scarpa e all’interno di ogni singola classe troviamo una grande variabilità che non ci aiuta a discriminare in maniera accurata e a capire in che modo possano influenzare la nostra corsa.

Grazie all’iniziativa di due fisioterapisti, Blaise Dubois e Jean-François Esculier, che hanno radunato esperti da tutto il mondo, è stata creata una classificazione in base a cinque parametri rilevabili in ogni scarpa:
- Spessore, calcolato dal centro del tallone al punto di contatto con il terreno
- Flessibilità, sia longitudinale, ovvero quanto si possano avvicinare la punta al tallone, sia torsionale, ovvero quanto sia possibile ruotare verso la pronazione
- Peso, più leggera è, più sarà considerata minimalista
- Drop, ovvero la differenza di altezza fra il tacco e la punta
- Tecnologie di stabilità, tutte quelle tecnologie incluse nella scarpa per correggere la pronazione del piede
Questi parametri una volta calcolati, vengono messi in relazione e danno un punteggio espresso in percentuale. Lo 0% è rappresentato dalla scarpa massimalista (spessore >32mm, molto rigida, peso >325g, drop >13mm, molte tecnologie di stabilità), il 100% è rappresentato dalle five fingers (spessore <8mm, molto flessibile, peso <125g, drop <1mm, nessuna tecnologia stabilizzatrice). Questa classificazione viene chiamata INDICE DI MINIMALISMO ed è uno strumento scientifico per differenziare le scarpe in base alle loro caratteristiche intrinseche, in modo tale da permetterci di valutare la loro influenza sui naturali movimenti del piede durante la corsa. Potete calcolare o trovare l’Indice di minimalismo delle vostre scarpe cliccando su https://laclinicadelrunning.com/.
A cosa ci serve l’INDICE DI MINIMALISMO?
Abbiamo visto come l’utilizzo di una scarpa minimalista ci permetta di correre con una biomeccanica più naturale e sicuramente più performante. Questo non significa che necessariamente un runner debba arrivare a correre con una scarpa minimalista. Chi si trova bene con una scarpa massimalista e non ha subìto infortuni, può tranquillamente continuare ad usarla, mantenendo le proprie abitudini e il proprio comfort. Chi, invece, ha il desiderio di aumentare la sua performance o ha subìto da poco infortuni in particolar modo al ginocchio, all’anca o alla colonna vertebrale, deve prendere in considerazione l’idea di utilizzare una scarpa minimalista. E qui entra in gioco la classificazione appena vista. Sapere che punteggio ha la scarpa che stiamo usando, ci permette di progredire molto gradualmente verso una scarpa ad un punteggio più alto, in modo tale da garantire l’adattamento dei tessuti, in particolar modo fascia plantare, tendine d’Achille e muscoli del polpaccio, senza incappare in infortuni. La transizione consigliata è di progredire di un 10-20% di differenza nell’Indice Minimalista ogni mese. Per chi invece vuole iniziare a correre e deve decidere che scarpa comprare, il consiglio è quello di iniziare con una scarpa minimalista, perché così attua subito gli adattamenti necessari e impara a correre in maniera naturale senza sforzi. Il rischio di avere infortuni nei primi mesi di allenamento rimane il solito di chi inizia con una scarpa massimalista.
Indicazioni utili
Il consiglio, al di là della scarpa che si sceglie di usare, è quello di cercare di aumentare la frequenza del passo e di correre senza fare rumore, leggeri. Due accorgimenti banali e semplici, che ci portano automaticamente ad una corsa naturale e con appoggio di avampiede, senza doverci concentrare costantemente nel farlo. C’è un grande variabilità fra ogni persona, e ognuno avrà uno schema motorio diverso. Un bacino più inclinato, un ginocchio più flesso, un piede più pronato in fase d’appoggio non sono necessariamente un problema, perché nel tempo verranno costruiti adattamenti sui tessuti che non porteranno a situazioni negative. Rifarsi ad un modello di allineamento perfetto non ha alcun senso. Per il solito motivo, un’analisi di un piede pronato in statica non può essere giustificazione di una correzione all’interno della scarpa. Innanzitutto, perché non c’è alcuna correlazione fra statica e dinamica, quindi un piede piatto da fermi, può trasformarsi completamente durante la corsa, ma soprattutto per la capacità che ha il nostro corpo di adattarsi.
Non fatevi ingannare dalle campagne pubblicitarie delle grandi aziende che promettono tecnologie che risolvono gli infortuni e aumentano la performance. La scarpa moderna si è trasformata, proteggendo in maniera insensata il piede, diminuendo il suo movimento e la sua funzionalità, così facendo l’ha indebolito. Siamo progettati per correre a lungo, la nostra anatomia del piede ci permette di sopportare gli stress derivati dalla corsa, va solo allenato. Una scarpa minimalista ci permette di farlo e di tornare a muovere il nostro corpo in maniera naturale, senza influenze esterne. Non perché l’ha detto un’azienda, o una persona qualsiasi, ma perché è frutto delle più moderne ricerche scientifiche. Proviamo a tornare indietro e a riconquistare la percezione del nostro corpo.
TAKE HOME MESSAGE
- La corsa naturale è una corsa che prevede un appoggio di avampiede, una frequenza del passo fra i 170-190 bpm, una lunghezza del passo ridotta e che genera poco rumore. Per correggerci pensiamo solo alla frequenza e al rumore.
- Non serve ricercare un allineamento perfetto dei nostri segmenti corporei durante la corsa. Ognuno di noi è diverso e il nostro corpo è in grado di adattarsi.
- Una scarpa massimalista non riduce le forze d’impatto e il rischio d’infortunio. Favorisce un appoggio di retropiede che aumenta le forze d’impatto verticali, la lunghezza del passo e diminuisce la frequenza a 155-165 bpm.
- L’Indice minimalista permette di classificare le scarpe in base a 5 parametri (spessore, peso, flessibilità, drop, tecnologie stabilizzanti) esprimendo un voto in percentuale (0% scarpa massimalista-100% scarpa minimalista).
- Non è obbligatorio passare ad una scarpa minimalista. È consigliato per chi vuole aumentare la performance o per chi ha subìto infortuni a ginocchio, anca e colonna vertebrale.
- Passare ad una scarpa minimalista va fatto molto gradualmente, perché si sottopongono a maggior stress meccanico i tessuti di gamba e piede (fascia plantare, tendine d’Achille, tricipite della sura). La progressione consigliata è di un 10-20% di differenza nell’Indice di Minimalismo ogni mese.
- Per chi inizia a correre è consigliato utilizzare una scarpa minimalista con IM>70%.
- Non fatevi ingannare da correzioni della pronazione basate su analisi in statica. Non c’è alcuna correlazione fra statica e dinamica.
- Nessuno sport fa male. Gli infortuni da sovraccarico spesso nascono da un nostro approccio sbagliato e da una progressione troppo veloce.
Bibliografia
- Blaise Dubois, Frederic berg – LA SALUTE NELLA CORSA – Mulatero editore. 2020
- Kluitenberg, B., Bredeweg, S.W., Zijlstra, S. et al. Comparison of vertical ground reaction forces during overground and treadmill running. A validation study. BMC Musculoskelet Disord 13, 235 (2012).
A cura di:
Filippo Cantarini, FT, SPT student
• Fisioterapista
• Sport Physical Therapist student
• Terapia manuale muscolo scheletrica
• Fibrolisi
